Gianluca Gotto “Il viaggio è un maestro di vita straordinario”

Abbiamo avuto il grande piacere di intervistare Gianluca Gotto, viaggiatore che si mantiene con le proprie passioni. Tramite il suo blog, ha creato una community di viaggiatori, ed ispira le persone a vivere una vita autentica, libera e felice. Lasciare la comfort zone, per dedicarsi ai propri sogni e trovare la felicità. Chi più di lui può insegnarci come vivere al meglio?
Raccontaci: chi è Gianluca?
Sono un viaggiatore, un sognatore e una persona che insegue la libertà. Quando avevo vent’anni, insoddisfatto della mia vita a Torino, lasciai l’Università e partii con un biglietto di sola andata per l’Australia, dove vissi una serie di esperienze che mi fecero crescere molto e mi aprirono gli occhi su tanti aspetti, tra cui ciò che mi rende felice. Avevo sempre creduto all’idea di felicità più comune, quella del materialismo, del vivere per lavorare, guadagnare e consumare in attesa del sabato sera e della pensione. Invece in Australia compresi che mi basta davvero poco per essere felice.
Successivamente mi trasferii a Vancouver, sempre svolgendo lavori manuali e tradizionali come il pizzaiolo e il panettiere. Dopo quell’esperienza mi dissi che sarebbe stato proprio bello poter lavorare in remoto al computer, perché mi avrebbe consentito di vivere viaggiando. E così, dopo tanti tentativi, sono diventato un nomade digitale. Per anni ho girato per l’Asia scrivendo articoli per siti web. Ero un articolista e mi mantenevo completamente con la mia attività da freelance in remoto. Poi ho aperto (insieme alla mia compagna Claudia) il blog, “Mangia Vivi Viaggia”. Oggi mi occupo principalmente di questo e dei miei libri.
Nel tuo blog Mangia Vivi Viaggia parli di viaggi, crescita personale ma anche di storie di vita alternative. Qual è il filo conduttore tra tutte queste storie di vita?
Il motivo è semplice: a volte basta un viaggio per aprirti gli occhi e mostrarti che esistono infinite possibilità nella vita oltre a quella strada su cui credevi di essere bloccato. Io stesso scoprii chi sono i nomadi digitali proprio viaggiando, quando incontrai un ragazzo che lavorava in remoto al suo computer in un bar alle Canarie. A chi mi chiede cosa fare per cambiare vita, consiglio sempre un viaggio, perché solo allontanandoti dalla tua routine e dalla tua comfort zone puoi davvero scoprire le alternative.

Viaggiare per te è uno dei cardini, se così si può dire, della tua vita. Cosa rappresenta per te il viaggio?
Il viaggio è un maestro di vita straordinario. Se lo fai con consapevolezza e attenzione, è una delle attività che più riesce a farti crescere, perché può significare tante cose, ma certamente vuol dire non stare fermi. Non solo fisicamente ma anche sulle proprie posizioni. Per me viaggiare significa non dare mai nulla per scontato. E poi vuol dire esplorare l’ignoto. Avere il desiderio di abbandonare ciò che già si conosce per andare invece a scoprire senza paura il nuovo, il diverso, l’alternativo. Quando combini questi due elementi – una mentalità aperta e il desiderio di esplorare – crescere diventa quasi inevitabile.
Senti che, da quando hai iniziato a viaggiare, la tua salute in generale è migliorata? Senti maggior benessere?
Sicuramente sì. Per tanti motivi, intanto perché fare del viaggio uno stile di vita significa essere davvero sempre in movimento e quindi la salute diventa una priorità assoluta. Se vivi sempre nello stesso posto puoi avere la tendenza a lasciarti andare perché hai l’impressione che non possa succederti nulla. In viaggio, invece, è tutto in costante evoluzione e diventi più responsabile e attento. Per quanto riguarda il “benessere”, termine che considero legato anche alla salute della mente, devo dire che è stata la libertà a fare la differenza: sapere di potermi spostare ogni volta che ne sento il bisogno, di avere il controllo sulla mia vita, mi dà molta serenità.

Da ciò che scrivi nel tuo blog e social traspare un forte legame con il Buddhismo. In che modo questa “dottrina” ti ha aiutato ad avvicinarti alla felicità o almeno, a vivere in modo più sereno?
Credo che il Buddhismo possa aiutare molte persone ad affrontare la vita con un atteggiamento più pacifico e consapevole. Gli insegnamenti buddhisti, con la loro semplicità, ti dimostrano che la vita non è complicata, che non c’è nessuna guerra da combattere e nessun contrasto a parte quelli che si inventa la nostra mente guidata dall’ego. L’insegnamento che forse mi ha più segnato riguarda il non-attaccamento, che nasce dalla consapevolezza che tutto sia un continuo divenire e una continua mutazione, motivo per cui non ha alcun senso aggrapparci a finte sicurezze che non esistono. Molti credono che questa sia indifferenza, quando in realtà è proprio il contrario: sapendo che nulla è per sempre, dai molto più valore a ogni momento. Vivi con molta più attenzione e intensità.
Quale visione bisognerebbe avere, secondo te, del mondo, delle persone, delle cose che ci circondano, per poter essere felici? Esiste un pensiero fisso o un mantra che ti fa ritrovare la felicità anche nei momenti bui?

Ci sono diverse forme di consapevolezza in cui trovo conforto. Una di queste è che sono solo un granello di sabbia nell’universo, una frazione di secondo nell’infinità del tempo. Rendersene conto può fare paura all’inizio ma poi succede qualcosa di meraviglioso: quando capisci il posto che occupi, impari a lasciare andare il peso di cui il tuo ego ti carica. Lasci andare la rabbia, i fastidi, il pessimismo, i dubbi, le scuse che non hai mai ricevuto. E semplicemente ti godi questa straordinaria esperienza che chiamiamo “vita”. Tutto ciò mi ha aiutato molto soprattutto a superare la paura del fallimento. Quando mi agito per qualche grande progetto o sogno che non so se riuscirò a realizzare, mi fermo, respiro e penso che domani il sole sorgerà lo stesso. E allora di cosa posso mai preoccuparmi?
Spesso si pensa che la felicità venga dalle altre persone, specialmente dalla presenza di un/una fidanzato/a. Secondo te è vero o la felicità la coltiviamo prima di tutto noi stessi?

Quello che ho capito durante il mio percorso è che la felicità è come una fiamma che solo noi possiamo accendere. Tuttavia, le persone che abbiamo intorno possono contribuire a spegnerla, e allora essere felici diventi una lotta da combattere ogni giorno; oppure possono contribuire a farla divampare, e allora essere felici è pura gioia.
Su un piano molto basilare, la felicità è una scelta che dipende solo da noi. Tuttavia, io incoraggio chiunque a creare sempre le giuste condizioni esterne per essere felici. Questo può voler dire cambiare lavoro o città, ma anche mettersi alla ricerca della propria anima gemella. Perché chi trova la persona giusta, riesce a tenere viva la fiamma della felicità con una facilità stupenda. La vita diventa leggera. Per risponderti: non è imprescindibile l’amore romantico per essere felici, ma è l’elemento che più aiuta in questo percorso. L’amore aggiunge vita alla vita.
In un nostro articolo di viaggio avevamo parlato di viaggi spirituali, dove è possibile imparare la meditazione, come la mindfulness. Da quando hai iniziato a praticarla e quali zone dell’Asia che hai visitato consigli a chi si vuole avvicinare a questa pratica?

Ho iniziato a praticare la meditazione durante uno dei miei primi viaggi in Asia. Ero da sempre affascinato da questa pratica, fin da quando da ragazzino guardavo incredulo la copertina dell’album dei Rage Against The Machine con il monaco buddhista che brucia tra le fiamme senza fare una piega. Avevo letto che ci era riuscito proprio grazie al potere della meditazione. In Asia ho assistito di persona alla pratica meditativa e ho deciso di provarla per pura curiosità. Mi hanno anche aiutato alcune letture, come quelle di Thich Nhat Hanh e Allan Watts. Oggi è un’abitudine che mi aiuta a vivere con meno stress, ansia e paura e con un maggiore controllo della mia mente e delle mie emozioni. A chi volesse imparare questa antica pratica in viaggio, consiglio certamente la Thailandia (Chiang Mai in particolare) e Ubud, a Bali.
Come spieghi nel tuo primo libro “Le Coordinate della Felicità”, ad un certo punto della tua vita decidi di diventare un nomade digitale: spiegaci del tuo lavoro e come ti ha portato questa decisione a vivere più felice.
Essere un nomade digitale non è un lavoro ma uno stile di vita: si sceglie di avere meno sicurezze e più libertà, con tutte le responsabilità che questa strada comporta. Io sentivo forte il desiderio di essere padrone del mio tempo e viaggiare il più possibile, così iniziai a cercare una soluzione, un modo per farcela. Un giorno mi resi conto che internet è pieno di testi e che qualcuno sicuramente è pagato per scriverli. Fu così che scoprii il mestiere del web writer, l’articolista per siti web. Per un anno ho scritto senza essere pagato, poi ho trovato il primo impiego retribuito, poi un altro… e così sono partito con un biglietto di sola andata per Bangkok per realizzare il mio sogno. Ho girato gran parte del sud-est asiatico mantenendomi esclusivamente con la scrittura online e i miei introiti da freelance. Oggi scrivo anche i libri.

Hai viaggiato molto in paesi dell’Asia dove la povertà è alta e la qualità di vita (secondo gli standard occidentali) è bassa. Tuttavia, racconti spesso della serenità di queste popolazioni. Come si spiega questa cosa secondo te?
Per qualche motivo ci siamo fatti convincere che la complessità sia la soluzione. Se ci pensi, al giorno d’oggi la maggior parte delle persone si tiene alla larga dalla semplicità, quasi come se fosse una brutta malattia di cui vergognarsi. Viaggiando ho capito che invece è proprio nella semplicità che si trovano le risposte che cerchiamo, perché tutto diventa più chiaro. Cosa ti serve per essere felice? Chiedilo a chi lavora 50 ore alla settimana in un ufficio davanti a uno schermo, lacerato nel profondo dallo stress e ti dirà che vuole avere di più. Più di cosa, più di chi, non lo sa nemmeno lui. Vuole semplicemente aumentare, ingrandire, riempire, complicare. Chiedilo al pescatore sulle rive del Mekong e forse ti dirà che è già felice così. Perché ha del cibo in tavola, un tetto sulla testa, una famiglia e degli amici e il sole alto nel cielo. Questo significa accontentarsi? Per nulla. Questa è la base della felicità, così come l’hanno descritta saggi e filosofi fin dall’antichità. Si chiama gratitudine.

Il concetto di “Ikigai” è molto sentito in molti paesi dell’Asia, anche se prende denominazioni diverse. Il tuo qual è? E come consiglieresti di trovarlo?
L’Ikigai è il motivo per cui ti alzi al mattino e vivi. Se questo motivo è esclusivamente legato ai soldi, al lavoro e alle responsabilità, avrai una vita molto triste. Perché l’Ikigai riguarda anche e soprattutto la gioia del vivere, quello che ti accende una scintilla dentro. La vita è magia, non è solo routine e sopravvivenza.
Per me l’Ikigai non è una sola cosa, bensì un contenitore di elementi che amiamo profondamente. Nel mio ci sono la scrittura, il viaggio, la musica e tanto altro. Per ognuno di noi è differente ma un buon modo per trovarlo è chiedersi che adulto si sognava di diventare quando si era giovani. Rendersi conto della distanza tra quei sogni e la realtà può essere doloroso, ma è necessario. La felicità passa dal rispondere a domande scomode.
Torniamo al tuo lavoro, che è anche la tua passione. Quali sono i consigli che daresti ad una persona che ha appena intrapreso un lavoro che le permetterà di diventare nomade digitale? Cosa diresti al Gianluca che tanti anni fa ha intrapreso questa avventura?
Il consiglio più importante che possa dare a un aspirante nomade digitale è di non perdere mai di vista l’obiettivo di questo percorso, ovvero la libertà. È fondamentale ricordarsi sempre di non diventare schiavo di se stesso e del proprio perfezionismo. E poi non smettere mai di voler imparare, non perdere mai l’umiltà dello studente che si affaccia a un mondo nuovo, perché questo mondo va molto veloce. Infine, ricordarsi sempre che la vita inizia quando abbassi lo schermo del computer.

Ad una persona che invece vuole intraprendere un viaggio, o anche solo un cambiamento nella propria vita, ma ha paura dell’ignoto, cosa suggeriresti?
Un giorno sarai polvere: di cosa ti preoccupi tanto? Parti e ama tutto quello che accadrà e sarà, nel bene e nel male. Gli stoici dicevano “Amor Fati”, amare ciò che il destino ha in serbo per noi in positivo e in negativo. La più grande paura che dovremmo avere è quella di ritrovarci un giorno pieni di rimpianti, a pensare a tutto quello che avremmo potuto fare e non abbiamo fatto. Non siamo qui per sopravvivere, il nostro scopo non è quello di non affrontare mai niente di ignoto e difficile. Siamo qui per vivere e vivere significa anche rischiare. Rischiare di essere felici.
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