Valeria Altobelli e la violenza sulle donne: cos’è e come debellarla
Oggi, Valeria Altobelli, (https://cataldi.com/valeria-altobelli-quando-la-bellezza-e-molto-di-piu/) ex Miss Mondo, cantante, modella, attrice e ideatrice del progetto “I’m Standing With You” che vede come tematica la violenza sulle donne, ci parla di tale fenomeno.
Pensi che oggi, rispetto al passato, la violenza sulle donne sia in aumento o in decrescita?
“Io, come Valeria Altobelli, credo che ci sia una maggiore consapevolezza. Ciò significa che le donne, rispetto a prima, sono in grado di denunciare. Se prima la società ti stigmatizzava, se prima avevi un marito violento e dovevi stare zitta – oggi, denunciando e parlandone, proprio perché il mondo stesso ne parla di più, le donne si sentono meno sole e ricevono la giusta spinta per affrontare tale difficoltà, tale fenomeno. Perciò, sicuramente dei passi avanti, dei progressi, sono stati fatti da questo punto di vista. Chiaramente, però, non basta, la strada è ancora lunga. Ma questo vale per tutto, per ogni azione sbagliata – non solo nei confronti delle donne ma anche degli uomini, dei bambini. Parlo di qualsiasi tipo di violenza, della nemesi dell’amore, cioè l’odio”.
“Siamo tutti uguali”
Valeria Altobelli ci spiega che la violenza è sbagliata, a prescindere dal sesso, dalla religione o dal paese d’origine.
“Avendo quest’associazione, di tipo mondiale (http://www.mission-ngo.org/im-standing-with-you/), si capisce anche quali siano le differenze di nazione in nazione, e non è che il confine di una nazione faccia i confini dell’umanità. Siamo tutti uguali. Tutti sulla stessa barca. Perché non è che se nasciamo con la pelle bianca, gialla, verde, arancione o nera ci dobbiamo sentire diversi, assolutamente. Io penso che – a livello di diritti umani, dal momento che si è firmata una convenzione ONU “diritti umani” e generalmente – questi trattati sono stati accolti da tutta l’umanità, è importante rispettarli e capire che ogni individuo ha il proprio valore. Ogni uomo, donna o bambino che sia. E nessuno, nessuno, merita violenza”.
Secondo te, come dovrebbe comportarsi una donna vittima di violenza?
“Innanzi tutto, dovrebbe parlarne. Perché, sicuramente, rifugiarsi in se stessi non è la soluzione. Ma non parlo necessariamente di agire tramite denuncia, assolutamente. Se si sta attraversando un momento critico, di crisi, penso che la prima cosa da fare in assoluto sia – sì, parlarne, ma con la famiglia, con gli affetti. Insomma, con le persone che sappiamo possano sostenerci e aiutarci ad affrontare questo tipo di difficoltà. Poi, è chiaro: una volta fatto ciò, è importante denunciare, far sentire la propria voce e difenderci. Bisogna anche essere consapevoli che esistono diverse tipologie di violenza, ossia quella psicologica, quella verbale e quella fisica. Solitamente, chi è agisce con violenza su un altro soggetto – va per step, altre volte no. In entrambi i casi, sottovalutare è sbagliato. Ognuno di noi ha un proprio valore e, questo valore, va rispettato”.
Farsi aiutare
“Per quanto riguarda l’individuo che, in questo caso, sottovaluta l’importanza della felicità e libertà della vittima, è importante che capisca di avere un problema. Un problema che può essere scaturito da diverse esperienze vissute nella propria vita, da un trauma, che lo hanno portato inevitabilmente ad adottare questo tipo di comportamento. Tale comportamento va corretto e, per farlo, è necessario che si faccia seguire da uno specialista competente. Chi riesce ad essere consapevole della propria problematica e decide volontariamente di rimediare ad essa, non può che essere un individuo di grande maturità e umiltà; perché, per chiedere aiuto, bisogna essere umili.
Se una persona non è abbastanza forte da esprimere un disagio o si sente a disagio nel farlo, noi dobbiamo cercare di captare i segnali. Dobbiamo scovare le persone che credono di non aver voce per lottare, per combattere, e offrirgli il nostro aiuto.”
Un piccolo ripasso del progetto “I’m Standing With You”
Valeria Altobelli fa una precisazione.
“Troppe volte si tende ad ascoltare maggiormente chi strilla di più, chi apre la bocca e parla, parla, parla. Cerchiamo, invece, di fare il contrario: ascoltiamo chi strilla di meno, chi parla di meno, chi si espone di meno. Andiamo a scovare chi ha meno forza nella società. Questo dobbiamo fare. Dobbiamo cercare chi non riesce a fare “stand up”. Ecco perché, il progetto da me ideato e realizzato insieme ad amiche ed esperti nel proprio settore è intitolato “I’m Standing With You”: stare in piedi, insieme. Noi, come personaggi conosciuti, seguiti, abbiamo tanta voce a disposizione, ed è importante che questa stessa voce sia un tramite anche per chi ne ha bisogno, non soltanto per noi stessi. Possiamo comunicare, possiamo dare il nostro contributo. E farlo è essenziale. Perché non è che siamo più privilegiati, più belli, più intelligenti – però possiamo fare la differenza a nostro modo”.
I mezzi di comunicazione sono essenziali
“Politici, cantanti, modelle, attrici e così via, hanno tanto dalla loro parte. Hanno voce, perché sono seguiti e seguite, e hanno i mezzi di comunicazione. I social hanno preso il sopravvento nella nostra vita, ma se usati con buon senso possono davvero contribuire a debellare tanti disagi, situazioni scomode e quant’altro. Se sfruttassimo la tecnologia e la nostra voce per assicurarci un cambiamento, questo cambiamento avverrà. Ci vorrà del tempo, come per tutto del resto, ma avverrà.
“Contro moda”
Forse adesso le cose stanno un po’ cambiando, ma fino a un momento prima – parlare di violenza sulle donne sui social, su internet, non andava di moda. Non erano quelle le tematiche seguite. Ma io, Valeria Altobelli, vado contro moda. Sono sempre andata contro moda e continuerò a farlo, perché credo sia la cosa giusta da fare. Per me stessa e per gli altri”.
Tu, Valeria Altobelli, sei laureata in giurisprudenza. Com’è trattata, dal punto di vista giuridico, la violenza sulle donne?
“Il proliferare di casi non aiuta. Bisogna parlare, come ho detto prima, dare voce ai propri disagi e alle proprie sofferenze, ma è importante farlo con buon senso. Ciò significa che denunciare l’ex fidanzato perché ti manda quattro o cinque messaggi in più può essere sbagliato. Attenzione: non sto dicendo che lo stalking sia meno importante di un caso di violenza domestica, io stessa ho denunciato un episodio di stalking, ma non è questo il punto. Il punto è che bisogna saper riconoscere un problema serio da un problema perfettamente risolvibile. Perché se ci saranno ulteriori situazioni in cui le denunce fatte non erano poi tanto necessarie, finirà che ancora le donne vittime di violenza avranno meno tempo a loro disposizione, meno possibilità di farsi valere e di risolvere la problematica nel minor tempo possibile”.
Che tipo di pena credi serva in casi come quello della violenza sulle donne?
Valeria Altobelli parla di carceri, castrazione chimica e pena di morte.
“La mia opinione personale, che oltre ad includere le donne include anche uomini e bambini, è questa: la pena necessaria che meriterebbero gli individui attivi negli episodi di violenza dovrebbe essere di tipo rieducativo. Consentirei loro di stare a contatto con donne concentrate a partorire, a superare momenti di difficoltà. Qualsiasi cosa farei loro osservare, in silenzio, con l’obiettivo di attivare un meccanismo nelle loro menti che è quello dell’umiltà, della comprensione e del rispetto. Li avvierei alla vita. Le carceri non servono, così come la pena di morte o la castrazione chimica. Perché la vita non si leva a nessuno; piuttosto, si insegna. E per quanto riguarda la castrazione chimica – questo tipo di azione non assicura che l’individuo in causa non commetterà lo stesso errore. Facendo così, tu non gli hai insegnato il rispetto. Perché la radice del problema si trova nella testa, nella mente delle persone”.
Considerando l’eterogeneità dei provvedimenti adottati nei diversi paesi nel mondo, come pensi si possano aiutare quelle donne che vivono nei paesi dove i diritti umani e più nello specifico, quelli delle donne, sono ancora meno supportati?
Ultimamente, abbiamo visto nelle cronache, l’uccisione di quella ragazza che lottava per i diritti umani – ma come noi, che abbiamo avuto le suffragette, che hanno perso la vita per realizzare il diritto al voto. Ciò che è essenziale è fare squadra, supportarsi l’un l’altra e collaborare, affinché fenomeni come quello della violenza sulle donne venga debellato e annientato. E quando parlo di fare squadra, intendo di superare anche i confini; stiamo vicini e vicine nonostante la distanza, nonostante il sesso, nonostante l’orientamento sessuale, nonostante tutto. Bisogna creare dei movimenti che partano dal basso, dei movimenti che ci permettano di stare insieme e parlare, comunicare le proprie esperienze e ciò che abbiamo visto o sentito. E comunque, questo tipo di azione, questo tipo di collaborazione potrebbe aiutare – non solo a rimediare al problema, ma anche a prevenirlo in tanti casi, proteggendo tanti individui in tutto il mondo.
Molto spesso, le donne vittime di violenza non vengono prese in considerazione – non solo dagli uomini bensì dalle donne stesse, le quali credono che la vittima se lo sia “meritato” per aver indossato un vestito troppo corto o una maglietta scollata e così via. Tu, Valeria Altobelli, che tipo di opinione hai a riguardo?
“La mia libertà finisce dove comincia la tua”.
“Sicuramente, è importante adottare comportamenti che mirino a prevenire certi fenomeni, ma ciò non significa che una persona si debba limitare e non essere libera di vestirsi a proprio piacimento. Perché è sbagliato nonché assolutamente esagerato. Fortunatamente, intorno a me vedo tanta solidarietà tra le donne e tanta comprensione – perciò, questo tipo di discorso vale anche per il tipo di contesto in cui ci si trova. Quindi sì, è più probabile che in città o in paesi con la mentalità un po’ più chiusa si tenda ad additare le ragazze, a colpevolizzarle per ciò che sono state costrette a subire. Dobbiamo accettare ed essere consapevoli che il nostro è un paese libero: la mia libertà finisce dove comincia la tua. Sia dal punto di vista delle opinioni che nel modo di vestire e quant’altro. Se tutti impariamo ad amministrare la libertà nella maniera giusta, tutto diventerà più semplice”.
Conclusioni
Combattere la violenza è difficile, soprattutto nel momento in cui si è perfettamente consapevoli del fatto che essa è scaturita da situazioni psicologiche per niente stabili. È essenziale comunicare e dare voce alle proprie opinioni, pensieri, disagi. Qualsiasi cosa che possa aiutare il mondo a progredire e a diventare un posto migliore.