CORONAVIRUS: il virus galante
Il coronavirus COVID-19: non si parla d’altro ultimamente! Sarà che dopo l’ondata di psicosi generale che ha travolto tutti quanti, si è anche sentita la necessità di saperne di più.
Vi ricordate quando il virus era confinato in Cina? Sembrava si parlasse di un fenomeno così lontano e remoto e che, dopotutto, non aveva senso preoccuparsene. E per quanto questo sia importante da un lato, poiché altrimenti finiremmo in paranoia per qualsiasi minimo problema esistente, dall’altro rivela una peculiarità degli esseri umani: l’egoismo.
La natura matrigna
Si potrà obiettare che l’egoismo è proprio di gran parte degli animali, che l’istinto egoista, per essi, è effetto del darwiniano principio di conservazione della specie. Si potrà obiettare che, quindi, è ancora una volta la natura, la natura matrigna, che niente dà ai suoi figli se non ne ricava guadagno, la causa dell’egoismo animale e dunque anche umana.
Ma l’uomo può risultare egoista anche quando non è in pericolo, anche quando non deve preservare la propria conservazione. Sembra quasi che l’uomo, l’umanità, sia egoista in un’accezione di significato che lo rende indifferente al prossimo, e ciò non è imputabile a principi naturalistici quanto più a principi psicologici: l’egoista teme non il prossimo, ma la sua felicità, la sua realizzazione, personale e sociale, timore che nasce, molto probabilmente da una propria insoddisfazione di fondo.
La psiche e di conseguenza l’inconscio, hanno sempre un peso impossibile da trascurare nelle dinamiche sociali. Nell’Introduzione al narcisismo di Freud si spiega: “Il narcisismo è il completamento libidico dell’egoismo della pulsione di autoconservazione dell’uomo”. Seguendo questa idea, un comportamento egoistico cela spesso una debolezza della propria autostima; la felicità e la realizzazione del prossimo generano un pericolo per la propria debolezza.
In filosofia
In filosofia l’argomento dell’egoismo è stato molto frequentato. Accanto alle distinzioni di carattere psicoanalitico fra egoismo ed egotismo, e un sociologico sentimento egoistico sociale, Kant presenta un’ulteriore disamina tra:
Egoismo logico – per il quale l’individuo non sottopone il proprio pensiero al giudizio altrui poiché lo considera superfluo;
Egoismo morale – per il quale l’individuo agisce esclusivamente per un proprio vantaggio ed esclude quindi qualsiasi possibilità per il prossimo di ledere tale vantaggio;
Egoismo estetico – per il quale il bello coincide esclusivamente con il proprio pensiero.
Nietzsche definisce invece egoismo cosciente l’agire sempre per un proprio fine personale. Ciò rende l’altruismo un’apparenza di falsità, in quanto l’uomo può agire in favore del prossimo soltanto finché questo non diventi lesivo nei suoi confronti. In un’ottica del tutto diversa, Comte considera l’altruismo come il vivere per gli altri che porta al benessere sia sociale che individuale.
Si sono naturalmente riportati solo alcuni esempi di idee filosofiche su di un tema, quello dell’egoismo, definito più propriamente in termini filosofici solipsismo, sul quale la filosofia etica si dibatte.
Edonismo e male di vivere
Ma lo sguardo è ancora più ampio. Henry Sidgwick non ritiene che sia possibile ritrovare le cause di ciò che dà piacere all’uomo, e di conseguenza avversa l’idea di una valenza morale dell’utilitarismo, ma ritrova in esso un principio etico: è questo il motivo per il quale all’edonismo psicologico oppone un edonismo di natura etica, con il quale non si ricercano le cause del piacere ma si spiega cosa in realtà è il piacere per l’uomo.
Ma i termini di piacere, benessere e felicità non sempre possono essere intesi univocamente, in una sola sfumatura di significato, e questo vale soprattutto in filosofia. Nel XX e nel XXI secolo, infatti, altri pensatori hanno ripreso l’idea di egoismo e di utilitarismo e se da un lato Richard Brandt pensa a un’indagine filosofica impossibile da svolgersi se non con l’ausilio della psicologia, Bernard Williams spiega che non è sempre possibile per l’utilitarismo dare felicità individuale all’uomo, essendo un principio universale etico e non un principio individuale morale: ritiene, dunque, che l’azione benefica e “utile” non coincida con quella più giusta e felice per l’uomo.
Ecco allora che l’egoismo diviene un circolo vizioso nel quale l’egoista resta inviluppato: da un lato la società, fatta di individui che feriti da atti d’egoismo chiudono le possibilità di altruismo, finendo per essere loro stessi nuova fonte d’egoismo; dall’altro, l’uomo nel suo intimo che non permette al prossimo di superare l’egoismo che diviene esso stesso limite di felicità, e da illusoria difesa si trasforma in realistico nemico per l’umanità, quel “male di vivere” che spesso si incontra.
Fonte: Grado Zero
Le implicazioni sociali
Il virus, come dicevamo prima, era lì, a 7500km da noi, in una delle nazioni più vaste al mondo, ma soprattutto una delle più rigorose e organizzate. Perché preoccuparsi? E fino a quando non sono stati registrati casi nel nostro Paese, non aveva in effetti senso preoccuparsi. Tuttavia, quando è venuto a bussare alle nostre porte, si è scatenato un altro fenomeno terribile, ma tipico dell’uomo: il razzismo.
Sarebbe inutile riportare qui un’ulteriore morale filosofica riguardo l’argomento. Basta leggere qualche notizia delle settimane passate per comprendere in che modo l’egoismo si sia trasformato nel suo esatto opposto. Perché a rifletterci, il razzismo può essere visto come un interesse quasi maniacale verso l’altro. Certo, mentre nell’egoismo si persegue il bene personale, nel caso del razzismo si cerca il male altrui.
L’impatto psicologico della quarantena
Per tenere sotto controllo l’attuale epidemia di Coronavirus COVID-19, molti Paesi – Italia compresa – hanno chiesto alle persone di isolarsi in casa o di ricoverarsi in una struttura adibita alla quarantena. La quarantena non è determinata solo sulle prove scientifiche dell’essere stato contaminato dal virus stesso, ma anche dai sospetti che qualcuno sia entrato in contatto con un malato e dal timore dei possibili impatti sociali ed economici di una diffusione di massa della malattia.
Lo studio “The psychological impact of quarantine and how to reduce it: rapid review of the evidence”, pubblicato su The Lancet, finanziato da un team di ricercatori del King’s College London, rileva che gli impatti psicologici della quarantena possono essere di lunga durata e fornisce indicazioni chiave sulla loro mitigazione, in particolare riguardo alle informazioni da dare e alla durata della quarantena.
Finanziato dal National Institute for Health Research (NIHR) Health Protection Research Unit (HPRU) in Emergency Preparedness and Response all’epidemia di Coronavirus, il nuovo studio ha esaminato l’impatto psicologico dei precedenti focolai di malattie analizzando 24 studi, condotti in 10 Paesi, su persone con sindrome respiratoria acuta grave (SARS), Ebola, influenza H1N1, sindrome respiratoria del Medio Oriente (MERS) e influenza equina.
Cosa ha mostrato lo studio
Al King’s College London dicono che “Lo studio ha mostrato una vasta gamma di impatti psicologici della quarantena, tra cui sintomi di stress post-traumatico, depressione, sentimenti di rabbia e paura e abuso di sostanze”. Alcuni di questi, in particolare i sintomi dello stress post-traumatico, durano a lungo dopo la quarantena. Chi ha una storia di disturbo psichiatrico e gli operatori sanitari sono quelli che subiscono i maggiori impatti psicologici a causa della quarantena.
La principale autrice dello studio, Samantha Brooks dell’Institute of psychiatry, psychology & neuroscience (IoPPN) del King’s College London ha spiegato che “Entrare in quarantena è un’esperienza che isola ed è spesso paurosa e il nostro studio ha scoperto che ha effetti psicologici negativi. La scoperta che questi effetti – anche se in un piccolo numero di studi – possono ancora essere rilevati sottotraccia dopo mesi o anni e questo è di particolare preoccupazione e indica che durante il processo di pianificazione della quarantena dovrebbero essere messe in atto misure per minimizzare questi impatti psicologici. La nostra ricerca suggerisce che durante la quarantena gli operatori sanitari meritano un’attenzione speciale da parte dei loro dirigenti e colleghi e quelli con preesistenti cattive condizioni di salute mentale avrebbero bisogno di un sostegno aggiuntivo”.
Per approfondire l’argomento: greenreport
Per chi fosse interessato alle possibili conseguenze economiche del fenomeno: formiche.net
Una riflessione sul fenomeno
Il virus ci ha ricordato l’importanza di tante cose che, o per ignoranza, o per paura, spesso ignoriamo.
Igiene
Lavarsi le mani, usando il sapone! Quale assurdità è mai questa? A chi non è mai capitato di vedere quel genere di persone che escono dai bagni pubblici senza nemmeno una passata sotto il lavandino? Ecco, immaginate in questo periodo che implicazioni potrebbe avere una sciocchezza simile.
Scuole chiuse
Restare a casa da scuola è piacevole quando a scuola ci si dovrebbe in effetti andare. Eh sì cari bambini, per quanto incantevole farsi coccolare dalle mura domestiche e sorridere ai genitori sapendo di non avere colpe, non c’è nulla di allegro nei motivi che vi tengono confinati a casa. Forse una volta rientrati apprezzerete di più il tempo assieme ai vostri compagni.
Decoro personale
Non si tossisce o starnutisce sulle mani che poi toccano di tutto…e di tutti! Eh già, seppure fosse usanza comune usare le mani come fazzoletto, e la storia del gomito fosse poco nota, resta comunque da considerare quel minimo di decoro personale. Usare il gomito è sicuramente una novità per molti, ma dovrebbe essere noto a tutti che non è educato starnutire o tossire senza coprirsi. A nessuno fa piacere essere aspersi dai liquidi altrui.
Fughe di massa
I casi di fuga dal Nord al Sud nei propri Paesi natali è stato forse l’avvenimento più eclatante attorno a questo virus. Le lamentele si sono scatenate su tutto il web, e a buona ragione le critiche sono volate. Era già chiaro da giorni che assembramenti e isteria di massa non fossero d’aiuto, ma in molti avranno fatto il solito ragionamento: “Se gli altri lo fanno, perché io no?”.
Il caso mascherine
Se c’è una parola che letteralmente ancora è sulla bocca di tutti è proprio “Mascherine”. Ironico come sotto carnevale un oggetto simile abbia assunto un’importanza ancor maggiore. Chi sosteneva che fossero inutili per la propria persona, chi invece obiettava ritenendole un mezzo di prevenzione. Che siano vere o meno queste affermazioni, indossarle sicuramente aiuta a diminuire lo spargimento del contagio.
“Non ho tempo”
Quante volte vi siete lamentati o avete sentito lamentele riguardo il “non avere tempo”? “Non posso fare nulla, non riesco mai a stare due minuti tranquillo, sempre impicci e mai un attimo per me”. Ecco, questo è il momento migliore per scoprire le vostre più recondite passioni, per darvi a quegli hobby che avete sempre sognato. Il Governo per una volta ci costringe a casa, e noi che facciamo? Vogliamo uscire.
I chronic complainer del web
Un fiume di tweet e storie instagram di chi ha deciso di lamentarsi ha travolto internet. Per quanto l’opinione personale sia sempre importante condividerla, non penso che sia d’aiuto stare costantemente a lamentarsi; alla fine, per agevolare lo stato di cose, ci vorrebbe un po’ più di relax.
In conclusione, state a casa e godetevi la famiglia; chissà quando ricapiterà che una peste bubbonica sarà lì a ricordarci che la vita è un attimo fugace, e ci concederà addirittura il tempo per rifletterci.
Per una Faq sul tema, visitate il link Ministero della Salute, e per qualsiasi altra informazione rifatevi alle fonti ufficiali. È importante evitare fake news che non fanno altro che produrre ulteriore scompiglio.