Didattica a distanza: pro e contro, i limiti e le strategie migliorative
Didattica a Distanza, questa sconosciuta piombata sulle nostre teste con la velocità di un fulmine e la violenza di una ghigliottina. Didattica a Distanza o DaD (un acronimo di rara bruttezza), se ne parla come di un prodigio della natura, della soluzione a tutti i mali. L’insight che risolve l’enigma? L’acceleratore verso la società digitale? E invece l’immagine più calzante che mi viene in mente è il passaggio dall’osso all’astronave del film 2001 Odissea nello spazio. Un cambiamento talmente repentino che facciamo fatica a gestire e che, in qualche modo fa passare in secondo piano l’emergenza. Partendo dal presupposto che l’Italia non era e non è pronta a gestire questo cambiamento epocale, il fenomeno va compreso alla radice. La Didattica a Distanza sarà un tampone per l’emergenza oppure avrà vita lunga e prospera? Una domanda che pochi si sono posti e che porta in sé le profonde ragioni del cambiamento.
Didattica a Distanza e scenari futuri
La questione della Didattica a Distanza non nasce nel 2020 e certo non dall’emergenza del coronavirus, ma esisteva già da molti anni in varie forme. Formazione a Distanza, Istruzione a Distanza, Didattica Digitale (o Multimediale), Scuola per Corrispondenza sono solo alcune delle definizioni usate in passato. Fin qui niente di strano, anzi si tratta di modalità pratiche, al servizio soprattutto degli studenti lavoratori, ma oggi la situazione è cambiata. La Didattica a Distanza è diventata globale (e non poteva essere altrimenti), ma la vera difficoltà è la sua gestione, da parte degli utenti e soprattutto di chi dovrebbe gestirla. In altre parole, ci sono i mezzi per la sua diffusione e che impatto avrà sulle classi d’età più giovani? E poi la Didattica a Distanza quanto durerà e come si integrerà con la Didattica in Presenza?
Tra emergenza e affarismo
In questi momenti (difficili) di memoires e bilanci si cerca sempre il senso degli accadimenti, si guarda con fiducia al futuro, si cerca uno slancio verso il progresso. E sono molti quelli che vorrebbero trarre dall’emergenza un salto in una nuova dimensione tecnologica. La Didattica a Distanza come smart working, come mezzo per introdurre nuovi concetti pedagogici e nuove forme di insegnamento – apprendimento. Guardando bene però si scorge anche il Cavallo di Troia degli affari: nuovi software per le classi virtuali, vendita di laptop e tablet. Per non parlare del mercato dei corsi di aggiornamento, oggi fiorente come l’industria bellica durante la seconda guerra mondiale. Insomma emergenza da fronteggiare… ma anche opportunità da sfruttare.
Iperconnessione o assenza di rapporti umani?
Dove ci condurrà allora la Didattica a Distanza? Entreremo in un mondo iperconnesso (ancora di più) o in un mondo senza rapporti umani? Diventeremo gli Avatar di noi stessi o fonderemo nella realtà Il mondo dei replicanti? In che modo la presenza fisica e il contatto umano potranno essere mantenuti e salvaguardati? L’uomo smetterà di essere un animale sociale? Forse niente di tutto questo, forse la mia fantasia corre troppo velocemente. Eppure Scuole e Università, Regioni ed Enti strizzano l’occhio a questa nuova soluzione, ipotizzandola tutt’altro che transitoria. E persino il Miur ipotizza forme miste per l’inizio del prossimo anno scolastico e/o accademico. Al di là di un’emergenza, a cui non ho volutamente fatto cenno, la Didattica a Distanza come fenomeno globale, latore di una profonda ed epocale transizione, va preso in considerazione in modo obiettivo.
Didattica a Distanza: i pro
- Riduzione / annullamento delle distanze fisiche;
- Il sapere a portata di tutti;
- Uso consapevole del web;
- Dilatazione dei tempi di studio.
Didattica a Distanza: i contro
- Allargamento delle distanze sociali;
- Annullamento delle relazioni sociali;
- Iperconnessione e dipendenza dal web;
- Dilatazione dei tempi di studio.
Didattica che riduce…o aumenta la distanza?
Volendo analizzare dettagliatamente i pro della Didattica a Distanza, possiamo dunque soffermarci sui quattro punti che abbiamo fissato. Non andrei nei tecnicismi ministeriali, per evitare di perdere il discorso in vuoti ghirigori di conoscenze, competenze e abilità. Termini che vanno oggi di moda tra i sedicenti pedagogisti, esperti sulla carta, ma spesso a digiuno totale di esperienza sul campo. Va detto infatti che molti aspetti (fallimentari) della scuola sono pensati da chi a scuola non ha mai messo piede, ma lasciamo stare le polemiche. Il discorso è imperniato piuttosto sulle implicazioni sociali della Didattica a Distanza e sulle conseguenze, sociali e culturali, di cui è portatrice (in)consapevole.
Analisi dei pro: pars construens
Partendo dai possibili aspetti positivi (non me ne vorrà Sir Francis Bacon se inverto il suo metodo filosofico, ma io sono un pessimista), dobbiamo sicuramente iniziare dalla questione delle distanze.
- Riduzione / annullamento delle distanze fisiche. Viene da sé che l’isolamento sociale dovuto alla pandemia viene parzialmente colmato dalla Didattica a Distanza, foriera di contatti e scambi, virtuali ovviamente. Non possiamo non ringraziare la tecnologia per questa invasione culturale dell’intimità delle nostre scrivanie.
- Il sapere a portata di tutti. La classe virtuale ha l’indubbio merito di detronizzare l’aula scolastica o accademica dal ruolo di tempio del sapere. Datemi un laptop e girerò il mondo… su google maps, visiterò il British Museum… con un tour virtuale.
- Uso consapevole del web. Finalmente il web usato come rete per acciuffare il sapere, non solo da professori e ricercatori. Finalmente computer, tablet e smartphone vedranno le loro schede di memoria svuotate da pornografia, challenge idiote e inutili selfie… almeno in parte.
- Dilatazione dei tempi di studio. Ho usato volutamente il termine dilatazione per sottolineare come i tempi dello studio possano essere allargati più che allungati. Mi riferisco ovviamente alla possibilità (e qui entro nel tecnicismo) di realizzare il processo di apprendimento in contesti informali e in modi non tradizionali.
Analisi dei contro: pars destruens
E poiché la natura stessa della Didattica a Distanza è tutt’altro che tradizionale, mi sono permesso il lusso di invertire il metodo baconiano. Ho già detto che lo faccio perché sono fieramente pessimista, soprattutto pensando al futuro. “Il pessimista pensa che le cose non possano andare peggio di così. L’ottimista pensa di sì” (Mike Judge). Ma veniamo alle “dolenti note”.
- Allargamento delle distanze sociali. In un mondo perfetto, magari progettato dal dottor Cocteau, tutti avrebbero un chip sottocutaneo, un appartamento domotizzato e un sintetizzatore vocale per le ricerche su google. Purtroppo la realtà italiana è un tantino diversa e rispecchia il vecchio detto “i soldi non fanno la felicità… figuriamoci la miseria”. In parole povere la tecnologia ha dei costi e la Didattica a Distanza attualmente tiene a distanza chi soldi non ne ha.
- Annullamento delle relazioni sociali. A fermare la socialità ha pensato il covid-19, ma c’è sempre tempo per peggiorare le cose. La Didattica a Distanza, utilissima nell’emergenza, potrebbe diventare una spaventosa normalità. Dove finirebbe l’ansia dell’interrogazione, il gusto di nascondersi per parlare con il compagno di banco? E le palline di carta? Che gusto ci sarebbe a tirarle in casa propria? Ovviamente, a parte l’analisi semiseria del punto in questione, bisogna porre l’accento sul valore della relazione, umana oltre che pedagogica.
- Iperconnessione e dipendenza dal web. Forse i giochi on line non sfornano ancora un sufficiente numero di Hikikomori? Se i millennials sono già particolarmente esposti ai pericoli dell’iperconnessione, possiamo star certi che la generazione z ne sarà travolta.
- Dilatazione dei tempi di studio. E di lavoro. Sfruttando le tante accezioni che la parola dilatazione può assumere, va detto che l’esperienza pionieristica della Didattica a Distanza sta anche allungando i tempi in modi spaventosamente noiosi e stressanti.
Un primo bilancio
In questi due mesi siamo prematuramente arrivati ai limiti del burnout… e mi riferisco agli insegnanti, ancor più che agli studenti. Non bastavano Whatsapp e Facebook a disturbare la nostra intimità fino a tarda sera o addirittura in piena notte? Anche le videoconferenze, le discussioni, i briefing a tutte le ore; che ne è del diritto alla disconnessione? Meglio i social allora, almeno un po’ di sano e allegro cazzeggio concilia il buonumore e incrementa il benessere.
Strategie migliorative
Lungi dall’avere in tasca soluzioni definitive e anche dal cercarle, ritengo maggiormente proficuo offrire spunti di riflessione e ragionare sui fatti. Posto dunque che la Didattica a Distanza è stata imposta dall’emergenza, bisognerebbe porsi almeno due obiettivi da raggiungere:
- Accessibilità;
- Sostenibilità.
Il primo requisito che la Didattica a Distanza dovrebbe soddisfare è sicuramente l’accessibilità. La grande difficoltà finora manifestata è la difficoltà di accesso alla scuola digitale; l’Italia ha mostrato ancora una volta (se ce ne fosse stato bisogno) la sua atavica carenza infrastrutturale. E gli Italiani, più adusi a spettegolare sullo smartphone che a lavorare con un computer, hanno mostrato di essere ancora lontani dalla digitalizzazione della società.
Il secondo requisito è invece la sostenibilità. Il riferimento va in questo caso alla capacità psichica di sostenere il cambiamento. Non si tratta semplicemente di trasferirsi fisicamente da un luogo a un altro, quanto piuttosto di un ripensamento dei fondamenti epistemologici della pedagogia. E i cambiamenti, specie così importanti, andrebbero gestiti nei modi e con i tempi giusti
Dopo tutto basterebbe soltanto un po’ di buon senso, si sa che in medio stat vir(t)us.
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