Condizione delle donne oggi: uno sguardo sul Medio Oriente

La condizione delle donne in Medio Oriente non è semplice. I loro diritti sono continuamente calpestati e spesso, ne sono completamente prive.
Questa condizione delle donne in Medio Oriente ha dato vita a una vera rivolta sociale, grazie alla maggior consapevolezza, portando scrittrici, poetesse, giuriste e giornaliste a creare un network femminile, la Rete delle Donne Leader nel Mediterraneo del progetto, chiamata anche Rete Jasmine. (Per saperne di più leggi questo articolo).
Jasmine è una costola nata dalla rete Mediterà e creata a Palermo nell’ambito del Progetto Amina, finanziato dall’Unione Europea. Queste donne combattono ogni giorno contro abusi e discriminazioni, contro una società che le ha rese schiave. Questo è solo uno dei progetti di matrice femminista _ nel senso di emancipazione della donna e di supporto.
Ma cosa accade alle donne in questa parte del mondo, così differente culturalmente dalla nostra?
La condizione delle donne in Medio Oriente: cosa accade? Uno sguardo su limitazioni e violenze

Qual è la condizione delle donne in Medio Oriente? Le situazioni sono diversificate da paese a paese, ma in ogni caso i loro diritti come esseri umani spesso non sono tutelati. Anzi, vengono calpestati. Sono soggette a continue limitazioni e spesso ricevono violenze di ogni genere.
Facciamo qualche esempio, così da dare un’idea.
Dopo anni di lotte, oggi le donne in alcuni paesi del Mondo Arabo è permesso votare su base universale. Tuttavia, questo non basta a renderle libere o pari agli uomini. Ne è un esempio il fatto che in Medio Oriente ci sono ancora molti matrimoni forzati, in cui la donna non ha alcun potere decisionale.
In Libano non è permesso passare la cittadinanza per matrimonio al coniuge e ai figli, cosa possibile con gli uomini. Alcuni movimenti femministi stanno combattendo da anni su tale proposito.
Purtroppo, in Arabia Saudita le attiviste la pagano a caro prezzo. Subiscono abusi e sono portate in prigione dalla polizia per qualsiasi atto di protesta. Le ONG Afa e Baud sono accanto a queste combattenti.
L’adesione all’abito tradizionale varia tra stato e stato ma in Arabia Saudita, la religione islamica impone alle donne di indossare l’abaya. Il profeta ha concesso alle donne diritti e privilegi nell’ambito della vita familiare, tuttavia la chiusura della religione islamica le relega nei contesti lavorativi sempre in una posizione di secondo piano rispetto agli uomini. Le donne infatti lavorano e sono istruite ma molte di loro sono impiegate in aziende familiari. In alcuni paesi arabi più ricchi come gli Emirati Arabi, invece, molte hanno la possibilità di fare carriera al pari degli uomini.

Algeria appena un passo avanti
Un caso di maggior progresso è l’Algeria, dove la condizione delle donne si differenzia da altri paesi vicini. Nonostante in Algeria le donne ora ricevano maggiori tutele, sono soggette a numerose limitazioni. Ad, esempio, ereditano meno soldi dei figli maschi e, nelle cause di divorzio o nel caso di abusi sono penalizzate, non è concesso sposare non musulmani e sono discriminate nella ricerca di un lavoro.
Comparate alle donne di altri paesi, quelle algerine vivono una situazione sociale più libera. Possono aver accesso a tutti i livelli di istruzione e possono scegliere il proprio marito.
Questa differenza è permessa grazie al precedente avanzamento del terrorismo islamico sul territorio, tanto da rendere le autorità meno tolleranti e propense a aderire troppo alle leggi islamiche.
Ultime conquiste del femminismo islamico
Le donne in Medio Oriente stanno prendendo coscienza del loro ruolo nella società. Per questo sono nati movimenti femministi islamici.
L’Egitto è uno dei paesi leader per i movimenti femministi attivi. Le donne, continue combattenti, vengono costantemente segregate, torturate e violentate nelle prigioni. Ultimo fatto noto è il caso di Sarah Hijazi, attivista del movimento LGBTQ+ morta suicida dopo la sofferenza provata dalle violenze perpetrate durante la sua incarcerazione, avvenuta nel settembre 2017. Alla donna era bastato sventolare ad un concerto nella capitale egiziana la bandiera arcobaleno, simbolo della comunità LGBT.
In Arabia Saudita, circa un anno fa, le donne hanno acquisito il diritto di guidare l’automobile. Il movimento di matrice femminista che ha permesso questo diritto è stato il Women To drive. A tal proposito abbiamo accennato al movimento in un precedente articolo sui diritti delle donne in Arabia Saudita, di cui ti consigliamo la lettura.

Sempre in Arabia Saudita, che ricordiamo essere uno dei paesi più tradizionalisti, ha recentemente nominato Haifa al Mogrin a rappresentare l’Unesco, mentre Reema Bin Abdullaziz al Saudan è stata nominata ambasciatrice negli Stati Uniti e Dalai Namanagani nell’ambasciata in Libano.
L’Arabia saudita sarà in ottobre la sede del G20 e detiene la presidenza del gruppo w20. Il ruolo delle donne è sempre più oggetto di attenzione da parte di governi del mondo arabo.
La responsabile dei media e comunicazione della Lega Araba, Maifa Abu Gazale ha affermato “Credo che le donne arabe possano contribuire positivamente alle riforme nazionali e utilizzare le loro capacità nelle loro carriere professionali per eccedere ulteriormente nella società. In generale, ad essere agenti di cambiamento spesso sono ancora quelle che attivano meccanismi di pace e assumono nuovi ruoli economici, anche come capo famiglia”.
I paradossi del Libano
In Libano si intravedono negli ultimi anni aperture verso l’imprenditorialità femminile, con l’apertura di start-up e la disponibilità di Venture Capital per piccole imprese e agevolazioni nelle aree rurali, misure messe in atto dalla Bic Bank di Beirut che aiutano le piccole imprese a raggiungere un’indipendenza economica. Tuttavia, il loro ruolo è ancora secondario e di sottomissione.

Il mondo arabo: cosa significa?
È necessario chiarire cosa si intende, prima di tutto, per paesi del Medio Oriente e Mondo Arabo.
Il Mondo Arabo non per forza è completamente di religione islamica: infatti, non tutti i Paesi arabi adottano l’Islam come religione ufficiale. Quando si parla di questo territorio, che sulla cartina geografica non esiste in realtà, ma è solo un modo per identificare alcuni paesi con caratteristiche ben precise, si fa riferimento a 22 paesi in particolare. Questi sono: Algeria, Arabia Saudita, Bahrein, Comore, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Gibuti, Giordania, Iraq, Kuwait, Libano, Libia, Mauritania, Marocco, Oman, Palestina, Qatar, Siria, Somalia, Sudan, Tunisia, Yemen. Insieme, costituiscono anche la Lega degli Stati Arabi.
Questi Paesi hanno come lingua ufficiale l’arabo e l’Islam è la religione maggiormente diffusa, ma che comprendono anche minoranze cristiane ed ebraiche.
Oltre ai 22 paesi, che si dividono tra Medio Oriente e Africa, troviamo quelli limitrofi che presentano una grande maggioranza musulmana ma che tuttavia, sarebbe inesatto definirli arabi. Questi paesi sono la Turchia, l’Iran, l’Afghanistan, il Pakistan, il Bangladesh, l’Indonesia e la Malesia.

Donne nel Medio Oriente raccontate attraverso i libri
La scrittrice egiziana Nawal al-Sa’dawi, famosa nei paesi anglosassoni, nel suo romanzo del 2009 intitolato “Zeina” racconta la corruzione, la vanità, l’avidità, la falsa meritocrazia, l’ipocrisia della società egiziana misogina e maschilista.
La protagonista è una donna, di nome Budur, di estrazione borghese e di professione critica letteraria. Budur in gioventù si innamora perdutamente di un giovane rivoluzionario, da cui ha una figlia, Zeina che però è costretta ad abbandonare. Si sposerà con un personaggio illustre del mondo letterario, ma che non ama affatto. Le garantisce però una tranquillità emotiva e finanziaria, per questo non trova il coraggio di andarsene. Purtropppo, la vita non è così semplice. Mentre Zaina diventerà una delle cantanti più importanti d’Egitto, Budur si troverà a combattere con una società fortemente religiosa che la vuole relegata ad un ruolo gregario. Sullo sfondo della narrazione, si staglia una rivoluzione che porterà i quasi 3 milioni di bambini che vivono per strada e i milioni di poveri a rovesciare una società ipocrita e repressiva.
L’animo e la condizione della donna in Medio Oriente vengono anche esplorati dalla scrittrice Hanan Al-Shaykh. Nel suo romanzo “Donne nel deserto” racconta i destini di quattro donne che si ritrovano nel deserto di un paese del golfo. Susan, americana, cerca il riscatto da una vita anonima; Suha, libanese, scappa da Beirut in fiamme; Nur, beduina ricca e corrotta; Tamar, turca, volendo lavorare affronta l’intera comunità. Nel deserto, le donne analizzano il proprio passato per costruire il loro futuro.

CONCLUSIONI
La condizione delle donne in Medio Oriente è ancora grave, i cambiamenti sono lenti e quasi sempre smorzati da vecchi regimi che hanno fondato i propri paesi sulla paura, sulla discriminazione e sulla violenza.
Senza le continue lotte di grandi donne, che sanno bene cosa comporta essere ribelli reclamare condizioni migliori, ogni cambiamento negli ultimi anni non sarebbe stato possibile.
La domanda è: possiamo noi fare in modo di cambiare la condizione delle donne in Medio Oriente? Sì: l’antidoto contro il veleno della violenza è far sentire la propria voce. Anche se distanti da questi paesi e lontano dalle vite di queste donne. Perché parlare e far informazione significa parlare anche per quelle donne che non possono dire la propria. Far sapere cosa accade in questi paesi significa sensibilizzare le istituzioni, le ONG. Non solo dare supporto a queste donne dunque, ma fare anche pressione, insieme, a governi basati sull’ignoranza.