Benazir Bhutto, la donna con il velo del potere
Quando parliamo del women’s power bisogna dedicare ampio spazio a lei, Benazir Bhutto, la donna che è riuscita a cambiare il panorama sociale del Pakistan.
Nella sua grande lotta ha contribuito anche solo semplicemente con il suo velo ad essere la prima ed unica donna primo ministro del Pakistan e del mondo musulmano. Purtroppo, quando si parla di lei bisogna anche menzionare la data in cui tutto è finito: il 27 dicembre 2007. Quel giorno aveva finito l’ultimo comizio elettorale del Partito Popolare Pakistano quando, a bordo di una jeep bianca, il suo orgoglio viene sovrastato da due colpi di arma da fuoco e l’esplosione di un kamikaze.
La donna con il velo che in Pakistan viene portato dalle donne della borghesia, perché osservare l’obbligo del velo funziona come uno status symbol, significa che non hanno bisogno di lavorare. Le donne Bhutto sono state le prime donne pakistane a svestire il Burqa, hanno studiato tutte all’estero e hanno ricevuto una cultura occidentale. La sorella Sanama non si è nemmeno sposata con un matrimonio combinato ma ha avuto l’ardire di innamorarsi.
Tra le sue ultime dichiarazioni sottolineò la consapevolezza dei rischi che sapeva di correre: “Metto la mia vita in pericolo e sono qui perché credo che questo paese sia in pericolo“.
Di questa donna, l’elemento indiscriminato è proprio il suo coraggio. Dopo otto anni di esilio, dal primo giorno del suo ritorno in Pakistan era cosciente dei gravi pericoli che circondavano la sua missione e la sua vita.
Non è facile essere donne nell’Islam ma lei voleva farcela
Benazir Bhutto ha dedicato la sua vita nella lotta contro degli ideali resi ancora più difficili in un Paese non meritocratico e sessista. Nell’Islam non è facile essere donna, è ancora più difficile raggiungere un ruolo di potere e resistere.
Benazir Bhutto ha trascorso quasi l’intera vita in politica accanto a suo padre. Una vita, la sua, in cui la politica e la morte sono state due costanti che si sono alternate l’un l’altra.
Benazir Bhutto è stata la donna con il velo, amica dell’America e della Gran Bretagna. Era la donna con il velo e l’accento british.
Una vita dedicata alla politica
Benazir Bhutto nasce in una delle famiglie più potenti del paese a Karachi nel 1953. Il padre, Zulfiqar Ali Bhutto, è stato primo ministro pakistano dal 1971 al 1973. Il nonno paterno, sir Shah Nawaz Bhutto, era sindhi, anch’esso una delle figure chiave del movimento indipendista del paese. Il padre di Benazir Bhutto ha rappresentato una speranza per il popolo Pakistano.
La sua vita è stata immersa nella politica da subito, essendo la primogenita di un uomo la cui laicità ha aperto nuovi sbocchi dal punto di vista ideologico. Rilevante è la scissione che pone le sue radici il 14 agosto 1947 per mano di Mohammad Ali Jinnah influenzato dal modello statuale di Atatürk. Questa data ha permesso al popolo indiano musulmano di poter esprimere la propria identità religiosa che in seguito ha implicato deportazioni e massacri, scindendo ulteriormente il paese in occidentale ed orientale.
Nel sud del Pakistan ci rimane giusto il tempo di imparare il significato del clan e del latifondo, il senso del potere e della servitù numerosa, della sottomissione diffusa. Poi va via e a 16 anni è già al Radcliffe College di Harvard.
Benazir si trasferisce dapprima in America e successivamente in Inghilterra per motivi di studio. Nel 1973 riesce a laurearsi in Scienze Politiche ad Harvard. Si trasferisce ad Oxford per specializzarsi in politica, filosofia ed economia al St Catherine’s College.
Con questo curriculum getta le basi di quella che sarà la sua storia politica. Torna in Pakistan e suo padre viene deposto e poi ucciso dal dittatore, il generale Muhammad Zia-ul-Haq. Benazir viene costretta agli arresti domiciliari e solo nel 1984, ottenuto il permesso, riesce a tornare nel Regno Unito. Qui diventa leader in esilio del Partito Popolare Pakistano.
La prima donna ministro in tutto il mondo musulmano
A soli 35 anni, il 2 dicembre 1988 Benazir Bhutto viene eletta come primo ministro donna in tutto il mondo musulmano. Il suo governo, purtroppo, dura solo venti mesi.
Nel 1990, dopo lo scontro con il presidente del Pakistan Ghulam Ishaq Khan, viene destituita. Accusata per corruzione, il Partito perde le elezioni ad ottobre, ma questo non ha oscurato la sua personalità politica. Per questo che sino al 1993 è stata a capo dell’opposizione al governo di Nawaz Sharif, leader della Lega Musulmana del Pakistan fino al 1993.
Nel 1993 il Partito Popolare Pakistano ottiene nuovamente la vittoria e torna al potere sino al 1996. Viene destituita di nuovo per corruzione estendendo tale accusa anche al marito Asif Ali Zardari. Purtroppo, non ha potuto più candidarsi, essendo escluso il terzo mandato dalla costituzione, elemento questo che fu modificato in seguito dal presidente Pervez Musharraf.
In questo anno, durante un attentato terroristico in un comizio, muore anche suo fratello Murtaza. Benazir Bhutto aveva conferenze internazionali da tenere, aveva da interpretare il ruolo della donna che guida l’emancipazione femminile nell’Islam. Intanto, però, sulle donne di Kabul calava il burqa.
Sino al 2007 ha vissuto in esilio prima a Dubai e poi a Londra dopo aver ricevuto l’accusa di corruzione. Torna in patria il 18 ottobre 2007 e subisce un attentato nel tragitto dall’aeroporto alla sua abitazione, nel quale morirono 138 vittime e 800 persone rimasero ferite.
L’assassinio e la fine di un sogno
Il 27 dicembre 2007 purtroppo il suo sogno di tornare a guidare il Pakistan finisce per sempre. E’ morta in un attacco suicida avvenuto al termine di un suo comizio politico a Rawalpindi.
Dall’attentato si è aperto un processo politico e mediatico attorno alla morte della donna. Il presidente Pervez Musharraf ha condannato l’attentato compiuto da terroristi islamici.
Il marito della Bhutto, Asif Ali Zardari accusa invece il governo di Musharraf quale responsabile dell’attentato.
Il giorno dopo l’omicidio, molti si sono mobilitati in uno sciopero globale per tutto il paese: banche, uffici governativi, stazioni ferroviarie e Tir furono attaccati e bruciati e morirono circa quaranta persone.
Il Governo ha identificato in Baitullah Mehsud il mandante dell’attacco, divulgano una telefonata in cui avrebbe parlato con gli uomini che hanno organizzato l’attentato.
Dopo tre giorni dalla morte, la Bhutto tramite testamento identifica il figlio primogenito, Bilawal Bhutto Zardari, come capo del Partito Pakistano. Tuttavia, il posto fu preso formalmente dal marito. Makhdoom Amin Fahim, invece, venne candidato come primo ministro.
Soltanto il 31 agosto 2017 il tribunale è riuscito ad emettere una sentenza che però non sembra essere condivisa. Viene dichiarato Perez Musharraf come latitante in quanto non si presentò al processo.
Una donna con molti nemici
A volere morta Benadir Bhutto sono in tanti. Innanzitutto il Governo. L’accordo con Musharaf non le ha garantito l’immunità da possibili attacchi e ritorsioni delle forze armate pakistane.
A volerla morta sono anche gli islamici. Le donne Bhutto sono state le prime donne pakistane a svestire il Burqa, hanno studiato tutte all’estero e hanno ricevuto una cultura occidentale. La sorella Sanama non si è nemmeno sposata con un matrimonio combinato ma ha avuto l’ardire di innamorarsi.
Purtroppo anche all’interno della sua famiglia che Benazir Bhutto si è fatta molti nemici. Dell’attentato al fratello Mustaza è stato accusato il marito Zardari e il fratello Shanawaz è morto per avvelenamento solo poche ore dopo aver incontrato Benazir. Il più inferocito di tutto è lo zio, Mumtaz, il patriarca della famiglia. Lo zio non perdona alla nipote il fatto di aver infangato il buon nome della famiglia con le accuse di corruzione che la costrinsero all’esilio nel 1995.