Coming out e outing: cosa significano e tutte le differenze
Due termini che sono entrati a far parte del nostro vocabolario ed associati alla comunità LGBTQ+: coming out e outing, sono espressioni che ormai fanno parte del linguaggio comune. Se non le hai mai usate, probabilmente ne hai sentito parlare, che fosse in tv, in una rivista o da amici.
Siamo famosi noi italiani per prendere in prestito parole straniere, ma sappiamo davvero qual è la differenza? Per questo motivo, abbiamo deciso di fare chiarezza sulle espressioni “fare coming out e outing“, cosa indicano e come si usano.
Coming out e outing: a cosa si riferiscono?
I termini coming out e outing sono espressioni del gergo inglese, utilizzati per persone e da persone della comunità LGBTQ+.
Viviamo in una società in cui si da per scontato che ognuno di noi è eterosessuale e cisgender (in italiano sarebbe cisessuale, anche se meno noto). Questo perché eterosessualità e cisessualità appartengono alla maggioranza della popolazione, la quale è portata a dare per scontato che anche tutte le altre persone siano così. Questo pregiudizio è alimentato in parte dal fatto che i mass media e le istituzioni, in molti paesi, non fanno menzione alle minoranze. Rappresentando solo ed esclusivamente la maggioranza, le persone non sono abituate a convivere con modelli differenti da quelli a cui sono sottoposti, per la maggior parte, durante la vita quotidiana.
Se prendiamo per esempio una persona eterosessuale che vive per la maggior parte della vita a contatto con altre persone eterosessuali e cisgender, e le notizie riguardanti le persone LGBT+ rimangono un argomento lontano dalla propria sfera di interesse, ecco che non metterà mai in dubbio l’orientamento sessuale delle persone che stanno attorno. E se lo fa, è perché segue degli stereotipi.
Questo fenomeno accade a moltissime persone, non riusciamo ad astenerci da un primo giudizio. Quando incontriamo una persona, assimiliamo la sua estetica, i suoi comportamenti e la sua comunicazione, e automaticamente la associamo a delle categorie. Queste categorie riguardano orientamento sessuale e identità di genere, partito politico, credo religioso, cultura e altre.
Ma ritorniamo a parlare della comunità LGBT+. Proprio a causa del preconcetto interiorizzato nella maggior parte delle persone che ci fa presupporre che tutti/e siano eterosessuali e cisgender, nasce il bisogno di fare coming out e outing. In entrambi i casi, nonostante vengano utilizzati in situazioni ben diverse, identificano il momento in cui si rende noto l’orientamento sessuale/identità di genere di qualcuno che, fino a quel momento, si considerava eterosessuale, proprio per i motivi che abbiamo illustrato prima.
Il significato di “fare coming out”
Ogni anno, l’11 ottobre, da ben 30 anni, si celebra il Coming Out Day. Sai cosa significa?
Il termine “coming out” tradotto dall’inglese sarebbe “venire fuori, uscire allo scoperto”. Nella comunità LGBTQ+, la metafora intera sarebbe “coming out of the closet” ovvero uscire dall’armadio.
Questo la dice lunga sulla condizione di molte persone LGBTQ+: spesso, ci si nasconde dentro un armadio, per non far scoprire chi siamo davvero, per paura di non essere accettati e, nel peggiore dei casi, diventare vittime.
Proprio come l’altra nota espressione “avere scheletri nell’armadio”, per intendere che si hanno dei segreti da nascondere, la propria sessualità viene tenuta allo scuro per paura di conseguenze negative.
Nel momento in cui si decide di dichiarare apertamente, che sia ad amici o parenti, il proprio orientamento sessuale o identità di genere, dopo averlo tenuto nascosto, avviene il coming out.
La decisione di fare o meno coming out è assolutamente personale. Tuttavia, molte persone della comunità LGBT+ incitano a vivere apertamente il proprio essere, poiché è un modo per educare, sconfiggendo paure e stereotipi. Approfondisci leggendo: Storia del Gay Pride
Il contrario di coming out of the closet, è closeted (o anche in the closet), nonché rinchiuso nell’armadio, e più comunemente “velato”.
Fasi del coming out
Possiamo dire che il coming out attraversa due fasi. Si fa prima di tutto coming out interiore, e poi, eventualmente, con gli altri.
Il coming out interiore avviene nel momento in cui si acquisisce consapevolezza sul proprio essere e lo si accetta. Si capisce dunque che si è attratti verso un genere piuttosto che un altro, o in egual misura verso entrambi, o nessun tipo di attrazione. E ancora, quando si realizza la propria identità di genere.
Esistono persone che saltano questa fase? Ci sono persone che vivono il proprio orientamento sessuale o reale identità di genere nella vergogna. Se si vive in una società chiusa mentalmente si finisce per percepire la propria attrazione (o mancanza di essa) verso un determinato gruppo, come una diversità rispetto alla maggioranza. Viene vista dunque come una anormalità, proprio perché la normalità a cui siamo sottoposti è costituita da determinati modelli di vita e comportamento.
La maggior parte delle persone appartenenti alla comunità LGBTQ+ dunque, non vivono serenamente la propria situazione. In questi casi, l’accettazione del proprio essere è lunga e travagliata, e non sempre si riesce ad accettarla, tanto che molte sono le persone suicide per tale motivo.
Ma esiste ovviamente una parte di popolazione che, o favorita dalla propria personalità, o perché cresciuta in un ambiente molto aperto e tollerante, non sente il bisogno di accettare il proprio essere. Questo perché non percepisce la propria diversità rispetto alla maggioranza, giacché la diversità non esiste.
In questi casi molto spesso non è necessario un coming out per la persona in questione.
Ovviamente, esistono anche casi in cui una persona, non sente il bisogno di fare coming out con gli altri. Come abbiamo detto, è una cosa estremamente personale e sta alla singola persona decidere cosa la fa stare meglio.
Il significato di “fare outing”
Fare outing è una situazione ben diversa dal coming out. Se quest’ultima indica che è la persona interessata a rivelarsi, fa outing qualcuno che rivela l’orientamento o l’identità di qualcun altro.
Esempio: un amico/a ti dice il suo orientamento sessuale, che sia gay, pansessuale, asessuale, queer, e tu riveli questo fatto ad una persona o più. In questo caso hai fatto outing.
Outing può essere fatto in “buona fede”, ma assume comunque la connotazione di mero pettegolezzo. Alla peggio, è a puro scopo denigratorio.
È giusto fare outing?
Come abbiamo detto, fare coming out è una decisione molto personale. Compiere una rivelazione al posto della persona interessata, che sia fatta in buona fede o meno, è da considerarsi in ogni caso mancanza di rispetto.
Le rivelazioni da parte di terzi possono però considerarsi dannose a seconda delle circostanze. Si ha l’autorizzazione a fare outing se una persona dichiara di esserne indifferente e dunque non sarebbe offesa se persone terze esprimessero il suo orientamento o identità.
Alcune persone, si sentono comunque autorizzate a fare outing poiché l’interessato/a si è già è dichiarato/a e/o vive apertamente la sua situazione. In questi casi, non si può sapere esattamente se la persona in questione si pone delle limitazioni o se è indifferente al fatto che si possa parlare del suo orientamento/identità, come pure oggetto di chiacchiere. Perciò, nel dubbio, meglio evitare.
Nella maggior parte dei casi è dunque un comportamento sbagliato. L’orientamento sessuale o l’identità di genere di qualcuno non dovrebbe essere oggetto di conversazione o pettegolezzo. Parleresti dell’eterosessualità di un amico/a?
Come essere sicuri/e di non offendere la persona in questione facendo outing? Si può gentilmente chiedere se, nel caso in cui capitasse, si può rivelare l’orientamento/identità. Questo è il modo più sincero e discreto.
Se capita che qualcuno vuole sapere l’orientamento o l’identità di una persona che conosci, di cui non hai l’espresso consenso di fare outing, semplicemente astieniti dal rispondere.
Ricordati sempre che si tratta di buona educazione e rispetto! Non si può sapere cosa provi realmente una persona, per questo è meglio rispettare i suoi tempi e le sue scelte.
“Fare outing” in altri contesti non LGBT
Il termine inglese può essere usato in vari cotesti.
In una situazione non legata alla tematica LGBTAIQ+, outing viene utilizzato per indicare una qualsiasi rivelazione su sé stessi, su un proprio segreto. Rivelare ad altri una relazione o una paura segreta, ad esempio, può definirsi outing.
CONCLUSIONI
Coming out e outing dunque, sono situazioni ben diverse. Se la prima è una decisione personale e intima, l’ultima è una situazione da evitare.
Il coming out deve essere visto come una espressione di libertà compiuta da una persona che ha sofferto prima di potersi accettare e arrivare al punto di condividere questa parte della sua esistenza con altre persone. Per questo, chi ascolta il coming out, dovrebbe mostrare accettazione, non denigrare e non esprimere la propria preoccupazione. Frasi come “le cose non cambieranno/ti vorremo bene comunque/mi preoccupo per il tuo futuro” non dovrebbero essere contemplate, poiché sottintendono che chi sta facendo la sua rivelazione è diverso/a. Peggio: che il suo essere potrebbe fare la differenza in un rapporto e nella vita quotidiana. Queste sono le cose che più terrorizzano una persona.
Fai dunque attenzione a come ti esprimi, evita situazioni di outing e, ora che sai quanto possano essere dannose, non assecondarle ma fermale.
Comments 1
Persone LGBT credenti: le difficoltà di cui nessuno parla – cataldi.com
Ago 18, 2020[…] LGBT difficilmente è libera di professare la propria fede: non se è dichiarata, se ha fatto coming out all’interno della propria comunità […]